II Domenica del Tempo Ordinario. Il commento al vangelo

Il Vangelo

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Gv 2,1-11


Il commento

Oggi siamo invitati alle nozze. Ma come si può essere invitati a un matrimonio, se non si sanno neanche i nomi degli sposi? Ci potremmo sentire sicuramente un po’ estranei, se non fosse che, improvvisamente, sembra che i due protagonisti assoluti di questa festa, non sono proprio quelli che si sono appena uniti per la vita. Al centro della scena, infatti, risultano un uomo e una donna ben conosciuti: Maria e Gesù, suo Figlio. Lei sembra abbastanza di casa, attenta a ogni dettaglio, la prima che si accorge che manca il vino. E noi ci accorgiamo se manca la cosa essenziale?

Lei sì: va verso colui in cui crede e di cui è sicura. Non spinge, non è insistente, constata il fatto. Fa affiorare la consapevolezza di un deficit essenziale. Sì, perché ogni intervento, su una sofferenza, inizia dal prendere coscienza che ci sia qualcosa che manca. Maria è discreta nell’osservarlo, tanto discreta, da non mettersi in posizione di una che comanda o che dispone di ogni cosa. Maria provoca e attende la risposta. Donna eccezionale che non nasconde la verità, ma nemmeno va a spettegolare o a mettere in brutta luce gli sposi.

L’ora di Gesù non era ancora giunta. Ecco il perché di questa strana, all’apparenza scortese, risposta: Donna, che vuoi da me? Maria improvvisamente, come sottolinea ben tre volte l’evangelista Giovanni, non è madre, ma donna. È quell’umanità che cerca l’aiuto di Dio, che anela allo sposalizio con l’unico vero Sposo di essa, è immagine di chi sa provocare l’ora del compimento, della risurrezione, in questo momento di morte, in cui la gioia di un nuovo amore, rischia di deteriorarsi.

In Maria noi tutti possiamo imparare a cercare e trovare la verità sulle nostre fragilità, ma anche a scegliere con chi parlare , sapendo chi sa ricolmare di nuovo la nostra vita, e sa procurarcene in abbondanza. Una volta manifestato il bisogno, aggiungiamo il condimento che troveremo dai servi: la fiducia. La folle fiducia di chi decide di riempire le anfore d’acqua, credendo che possa diventare vino. Possiamo fare e rifare i nostri conti ma le anfore di Cana sono sempre 6, non vogliono diventare 7, che noi conosciamo come numero perfetto. Ebbene questa è la gioia, questo il sapore della vita.

Il Signore non ci chiede e non ci dà la perfezione, ma fa sì che queste sei anfore, siano piene di vino buono. Non siamo ancora alla risurrezione, alla pienezza, ma possiamo, come ci fa vedere la donna, con la nostra fede, costringere per amore, Dio, a ridonarci la vita, nell’oggi della nostra esistenza. Gioiamo, dunque, perché non siamo mai arrivati. E invece Gesù è sempre lì, pronto per trasformare improvvisamente la nostra vita annacquata, faticosa, spenta, in vino buono. Sì, la salvezza si realizza nella collaborazione tra Lui e noi, con l’aiuto importante e premuroso di Maria. Cin cin! Alla salute del mondo: possa essere rallegrato, nel cuore, dal vino di questa collaborazione!

Agata Pinkosz, missionaria