L’Altare è il cuore della chiesa, il fulcro della vita cristiana, il centro di ogni celebrazione liturgica, il vertice di ogni spiritualità, il punto di arrivo ma anche il punto di partenza di tutti i sacramenti. Tutto parte e tutto arriva in questo luogo: mensa e ara, porta del Paradiso e pietra angolare, scelta, preziosa, eletta da Dio e costruita dalle mani dell’uomo, con arte, intelligenza grazia e amore. L’Altare non è una cosa, un oggetto, una suppellettile: è una persona, è Gesù Cristo.
Al mistero dell’Altare conduce la Parola di Dio; sull’Altare si rinnova il Sacrificio di Cristo; dall’Altare riceviamo il Pane della vita. L’Altare realizza e assume il doppio significato di Ara del Santo Sacrificio e di Mensa eucaristica. Mi piace ribadire e sottolineare ancora più profondamente che l’Altare è segno di Cristo, pietra angolare che sostiene tutta la costruzione della Chiesa; Unto col Sacro e profumato Crisma, ripieno di Spirito Santo, è luogo per eccellenza del nostro incontro con Dio. Il patriarca Giacobbe, dopo il sogno della scala che univa il cielo alla terra prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità e dicendo: Questa pietra che io ho eretto come stele, sarà una casa di Dio (Gn. 28,22). Ciò significa che attorno all’Altare si costruisce e si costituisce il Tempio fatto di pietre vive.
A Villaurbana attorno al Pastore diocesano l’Arcivescovo Roberto, ci siamo sentiti pietre scelte, preziose, elette, abbiamo sentito vicini e invocato i nostri Santi. Abbiamo venerato e deposto nell’Altare le reliquie di alcuni testimoni significativi della nostra comunità, la loro santità è sgorgata in mezzo al nostro popolo: il patrono della nostra Chiesa arborense Archelao martire, il patrono della provincia di Oristano Ignazio da Laconi, e due beati quasi nostri contemporanei fra Nicola da Gesturi e Antonia Mesina di Orgosolo. Ci ricordano che non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura. Per mezzo di Cristo dunque offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome. Scriveva Sant’Ignazio di Antiochia, ai cristiani di Filadelfia: Preoccupatevi di attendere a una sola Eucarestia. Una è la carne di nostro Signore Gesù Cristo, uno è il calice dell’unità del suo sangue, uno è l’altare come uno solo è il vescovo con il presbiterio e i diaconi, affinché tutto quello che fate, lo facciate secondo Dio.
L’unità che si costruisce attorno all’Altare attinge anche alla grazia della Parola di Dio, che ha il suo luogo nell’ambone; nell’unica Celebrazione eucaristica sono presenti i poteri messianici di Cristo: la profezia, nella proclamazione della Parola; la regalità, nella guida della comunità; il sacerdozio nell’offerta del Sacrificio di Cristo. Abbiamo gioito quando l’Arcivescovo ha versato il sacro Crisma, sopra l’Altare e lo ha sparso per tutta la Mensa, una colonna di profumo di incenso si è levata dall’Altare verso Dio: sono le preghiere del vescovo e del suo gregge, del presbitero-parroco e dei fedeli. L’altare è stato rivestito di una bianchissima tovaglia, è stato illuminato e adornato di fiori, sull’Altare abbiamo deposto il pane e il vino, il Vescovo ha celebrato con l’Eucaristia consacrandolo per sempre a Dio, dall’Altare abbiamo ricevuto il Corpo e il Sangue del Signore crocifisso e risorto per noi.
Al termine del rito arcivescovo, preti, diacono, e tutti i presenti hanno venerato il nuovo Altare baciandolo. Ecco questa pietra, questo altare sarà per sempre un segno che continuerà a radunare attorno a sé la Chiesa di Cristo perché sia celebrato il memoriale della sua Pasqua.
A cura di mons. Antonino Zedda, Cerimoniere arcivescovile