Omelia della Domenica delle Palme

05-04-2020

OMELIA NELLA DOMENICA DELLE PALME 2020

Oristano Cattedrale

Abbiamo ascoltato il racconto della Passione del Signore seguendo l’evangelista Matteo. Molti personaggi si intrecciano in questo racconto.

Al centro di tutto vi è Gesù che dona la sua vita. Lo ha ripetuto altre volte: nessuno mi toglie la vita sono io che la dono da me stesso. Viene quasi da domandarsi: ma perché il Signore, per salvarci ha dovuto intraprendere questa strada dura, dolorosa, così drammatica.

Entriamo qui nel profondo Mistero di Dio. È certo che il Signore, venendo in mezzo a noi, in mezzo al suo popolo sperava una risposta diversa, una accoglienza diversa. All’inizio c’è accoglienza entusiasta, ascolto attento della Sua parola, seguito delle folle, curiosità degli scribi e farisei, degli anziani del Sinedrio.

Ben presto però il modo con cui il Signore reinterpreta la Scrittura, la sua libertà nel confronto delle tradizioni di uomini che hanno offuscato la freschezza della Parola di Dio, il suo ritorno alla radice fondamentale di certe tradizioni (il sabato) lo mette in una situazione di conflitto con il potere religioso. In quel momento il Signore capisce più chiaramente che la sua proposta, il suo vangelo, la buona notizia avrà un epilogo cruento. Ne assume il progetto, comprendendo che attraverso questo dono di sé, il dono supremo della vita per amore, passa la redenzione dell’uomo. Non attraverso una gloria umana, non attraverso gesti che forzino gli animi, ma attraverso il dono gratuito di sé, per amore, sino alla fine. Possiamo capire questo gesto, almeno intuirlo, quando nella nostra esperienza umana vediamo padri e madri che si donano per i propri figli in pericolo. Che non badano alla fatica, allo sforzo, alla stessa vita, perché questo figlio amato viva, cresca, sia felice. In questa esperienza umana, limitata, noi possiamo intravvedere qualche cosa dell’amore di Dio, che ci ama tanto al punto di donarsi tutto per noi nel suo Figlio Gesù. Come non pensare a quello che stiamo vivendo in queste settimana a causa della pandemia che ci assedia da ogni parte. Vediamo esempi di generosità, di dono di sé, di accoglienza e attenzione, negli ospedali, negli ospizi, nel posti di lavoro necessari dove tanti rischiano la vita. Ora, in questo dramma, dicevo, si muovono tanti personaggi: Gesù, i discepoli, i Giudei, il Sinedrio, le guardie, i Romani.

Soffermiamoci su due discepoli che in qualche modo vivono nel loro animo drammi simili ma a cui danno risposte diverse. Si tratta di Giuda e Pietro.

Giuda rimane per noi un mistero. Giuda, uno dei dodici, il traditore. Uno dei dodici: questa espressione ci ricorda che anche Giuda è fra quelli che hanno seguito Gesù. Ne ha ascoltato la parola e le confidenze, ha camminato con lui, mangiato con lui, dormito all’aperto insieme a lui. È un mistero per noi la scelta di Giuda come discepolo. Qui sembra all’opera quella possibilità che Dio dà a tutti di ripensare, di cambiare vita, di ritornare sui propri passi. Sino all’ultimo. Quando lo incontra nel giardino del Getsemani, gli dice “amico” forse un rimprovero per svegliare in lui l’affetto di un tempo. Anche se Giuda lo tradisce Gesù non smette di amarlo: Amico, con un bacio mi tradisci!

Quello che noi dobbiamo prendere della storia di Giuda è questo: anche se noi frequentiamo il Signore, crediamo in Lui, viviamo con Lui, vi è una possibilità di tradimento nella nostra vita. Per tanti motivi più o meno importanti. È un modo di farci attenti e prudenti nella nostra vita di fede. Non credere che siamo a posto perché conosciamo il Signore e qualche volta facciamo qualche cosa per lui. Anche noi siamo della cerchia dei “discepoli”, anche a noi il Signore ha chiamato per nome. Ma anche noi possiamo essere tentati di vedere Cristo in altro modo, non come il Signore vuole, ma per i nostri interessi. Chiediamo umilmente a Gesù che ci doni la perseveranza, che se anche tradiamo, ci doni fiducia in lui e che non disperiamo mai della sua misericordia.

Ho letto che una volta, un bambino del catechismo, ascoltando questo brano della passione e poi la morte di Giuda, abbia commentato: Giuda ha sbagliato ad appendersi all’albero di fico. Avrebbe dovuto appendersi al collo di Gesù e così avrebbe trovato misericordia. Sì, appendiamoci al collo del Signore per trovare misericordia, nonostante i nostri peccati e limiti. Questo è l’insegnamento di Pietro. Anche lui ha tradito il Signore, forse non meno gravemente di Giuda: lo ha rinnegato. Il vangelo non nasconde questo peccato del capo degli apostoli, ma fa anche risaltare che Pietro si pente, piange, incontro lo sguardo del Maestro e capisce la sua debolezza. Ecco la differenza con Giuda che dispera, che non crede veramente nella capacità del Maestro di perdona. Aiutaci Simon Pietro a credere nella Misericordia del Signore, a sentire lo sguardo di perdono del Maestro di fronte ai nostri limiti. Amen.

In questo tempo difficile per tutti, abbiamo bisogno della Misericordia del Signore per imparare a nostra volta ad essere misericordiosi con gli altri.

Che il Signore ci aiuti.

+Roberto Carboni, Arcivescovo