Omelia per la solennità dell’Epifania

La Stella e la Parola: mettersi in ricerca di Dio nel mondo d’oggi
06-01-2021

La Liturgia della Parola che la Solennità dell’Epifania ci offre è ricca di immagini e figure che si rincorrono e si ripetono quasi come un ritornello che vuole entrare nel nostro cuore: sono le parole luce, illuminare, brillare, camminare nella luce, abbandonare le tenebre, andare verso la luce.

Si staglia fra tutte queste immagini, nel vangelo di Matteo, il richiamo alla stella che i Magi seguono per arrivare al Signore. C’è dunque tutto un ambiente di “luce” e un invito a cercare la luce, a camminare nella luce.  La domanda che ci facciamo è questa: Chi può donarci veramente la luce in questo momento per certi versi “oscuro” della nostra storia, carico di incertezza e fatica, timori e preoccupazioni, seppure con qualche segnale di speranza? Chi può offrirci, personalmente o come comunità o gruppo sociale, una luce per camminare sicuri? Cerchiamo allora di dare significato alla parola “luce”.

Di cosa si tratta? Avere “luce” significa avere, in questo nostro contesto storico, in primo luogo la speranza di uscire dalla pandemia. Riconosciamo nella capacità degli scienziati, nell’impegno dei ricercatori, dei medici, degli infermieri di tutti coloro che operano oggi nella sanità, coloro che Dio stesso mette sul nostro cammino per trovare “luce”.

Ma accanto alla speranza di ritrovare la salute attraverso la competenza che crediamo il Signore stesso ha messo nelle nostre mani, dobbiamo aggiungere che abbiamo bisogno anche di altre “luci” e in primo luogo il senso per la nostra vita, dopo una esperienza così forte e anche dolorosa. Trovare itinerari per rispondere alle domande di sempre ma che ritornano, nel profondo del nostro cuore, con sempre maggior insistenza: perché ci sono? Dove sto andando? Cosa ci faccio qui? Che senso ha tutto quello che faccio: l’amare, il costruire, il soffrire?

Ora, una cosa è certa: guardando al nostro mondo, ci sono molti che cercano di dare risposte, che si propongono come guide, ma al tempo stesso ne vediamo i limiti, ci rendiamo conto che tutte queste persone, sono appunto “uomini, creature” non hanno risposte, forse vorrebbero darle, ma sono risposte povere, parziali, fragili.

Allora, siamo invitati a rivolgerci altrove. Infatti, la domanda giusta è: dove devo cercare, a chi devo rivolgermi? Non solo per trovare la guarigione: (siamo d’accordo che dobbiamo rivolgerci a chi ha la competenza per darci questa risposta), ma piuttosto a chi dobbiamo chiedere per avere “il senso del nostro camminare” del nostro essere “Homo viator”, uomini e donne in cammino?

La figura dei Magi del vangelo, lungi da essere figure decorative o solo poetiche, sono un modello teologico, un archetipo della umanità in ricerca. Sono uomini saggi, studiosi del cielo stellato e si pongono quelle domande di fondo: chi devo cercare, dove andare? Il loro sforzo è quello di leggere i segni dei tempi, fare “discernimento”, per capire dove andare, cosa il Signore vuole da me?

I Magi siamo noi, ciascuno di noi. Quando usciamo dalle sicurezze, anche in fatto di fede, e ci mettiamo in ricerca, rinnoviamo il nostro desiderio di incontrare il Signore, ci lasciarci stupire da Lui, ci farci conoscere nuove vie della Sua presenza. In questo senso la pandemia ha scosso antiche certezze e stimolato nuovi percorsi.

Veniamo forse da lontano. Forse anche la nostra fede è tiepida, formale, non profonda, fatta di abitudini… ma adesso, siamo chiamati a fidarci di una luce che viene fuori da noi (la fiducia in Dio che parla attraverso i segni della vita) e metterci incammino. Come ogni cammino: ci chiede sforzo, forse ci mette paura, timore, ci fa faticare. Cosa si trova al fondo del cammino?

Il vangelo ci dice che il segno che si trova è un segno povero da interpretare: il bambino e sua Madre Maria. Gesù è dunque la risposta alla ricerca. Però non è un incontro scontato, facile. Ci vuole l’occhio della fede. L’umiltà di leggere oltre le apparenze. Chi è chiamato a questo percorso? A questo cammino alla luce dei segni che Dio mette nella storia?

San Paolo nella sua lettera ci dice: tutti! C’è un coinvolgimento di tutta l’umanità, nessuno escluso. Tutti andiamo verso Cristo. C’è come un movimento universale, forse faticoso, contradditorio, ma che Paolo vede comunque inesorabile verso Gesù. La Parola di Dio completa la ricerca: i pastori andarono e riferirono quanto era stato detto loro. Ricerca, Stella, Parola e Segno: sono gli elementi di sintesi di un cammino personale di fede. Però sappiamo tutti che esiste il pericolo del rifiuto: Erode, che conosce dove il bambino deve nascere, lo cerca per eliminarlo. Perché? Perché Gesù e la Sua parola svelano cosa c’è dentro il cuore di ognuno, mette inquietudine, chiede generosità. Dobbiamo superare la sindrome di Erode: eliminare il Bambino Gesù perché non ci infastidisca. Come ci infastidisce: facendo lavorare la nostra coscienza. Dicendo che certe azioni sono male, che dobbiamo camminare per altri sentieri.

Ecco l’Epifania: cioè manifestazione di Cristo, è la festa della luce e del camminare alla Luce di Cristo. Non ci sono popoli lontani o persone lontane o escluse. Tutti siamo chiamati.  Quello che ci viene chiesto è la buona volontà. Alzarsi, mettersi in marcia, accogliere la fatica, essere umili nel leggere i segni perché anche nella povertà del Segno (il bambino e sua Madre) possiamo riconoscere il grande progetto di salvezza del Signore

+Roberto, arcivescovo