Proviamo a riflettere su come abbiamo vissuto il Natale in questi ultimi dieci anni. Dove eravamo, con chi, che sentimenti ci animavano e come era la nostra attesa, la fede in Colui che deve venire?
Forse ci renderemo conto che siamo cresciuti nel vivere in maniera cristiana l’evento dell’Incarnazione. Oppure constateremo il progressivo deterioramento nella nostra vita della rilevanza religiosa dell’evento, cancellato in modo silenzioso ma perseverante da tutto ciò che circonda il natale ma non è Natale.
Anche quest’anno ci viene offerta una nuova possibilità: vivere il Mistero dell’Incarnazione del Figlio con stupore, con gratitudine, con sorpresa e lasciandoci conquistare dalla realtà veramente divina di un Dio che a noi si fa prossimo, vicino ai nostri occhi, che sfiora il nostro nulla e lo trasforma in Grazia.
Il Natale di quest’anno, nuova occasione per ritornare all’essenziale della nostra fede, ha bisogno anche questa volta di occhi nuovi con cui guardare la storia che stiamo vivendo. Infatti, siamo invitati a trovare le tracce del passaggio di Dio nella nostra storia, rifiutando la tentazione di chiuderci nel pessimismo.
Durante la pandemia pensavamo che niente sarebbe stato più come prima ma poi, la guerra, proprio alle nostre porte, con il suo carico di arroganza e prepotenza, ci ha fatto ricredere. Avvertiamo la fatica di costruire relazioni di pace e sentiamo l’angoscia di tante madri, che dall’una e dall’altra parte, piangono i loro figli. In questo contesto così tragico e scuro siamo invitati come credenti a non perdere la fiducia, a essere noi stessi annunciatori del messaggio del Mistero del Natale di Gesù.
Infatti, proprio nel contesto di apprensione e confusione che stiamo vivendo, ci viene chiesto, come credenti, di dare maggior fiducia al Dio che opera nella storia. Confidare nel fatto che nonostante le nostre resistenze e il nostro peccato Egli è capace di fare nuove tutte le cose. Natale significa che Dio è con noi e che non ci ha abbandonati, non siamo soli. Certo ci chiediamo: può nascere Gesù in questo scenario di morte, di guerra, di distruzione? Come potrebbe essere accolto in un clima di odio e di violenza? Eppure siamo chiamati, oggi più che mai, a non perdere la speranza, a coltivare la misericordia, a cercare la fraternità, a investire il cuore e la mente nella ricerca della pace.
Non possiamo più sprecare il Natale chiudendoci in una scatola dorata anziché adorare il Dio fatto carne per noi. Egli continua a chiedere accoglienza, cura attenzione, aiuto. Proprio l’amore per Lui ci spinge a questo compito, soprattutto quello di farci attenti ai poveri, a tutte le povertà, non solo quelle economiche. La povertà di chi si sente rifiutato, di chi è vittima di pregiudizio, di ingiustizia, di dignità calpestata. Povertà di chi fa fatica a tirare avanti. La crisi economica si è aggravata. Lo sanno bene i nostri Centri Caritas che accolgono giornalmente tanti che hanno bisogno di alimenti.
Eppure, ci rendiamo conto che le risorse della terra sono distribuite in modo iniquo, che ci sono i soprusi dei potenti verso i deboli, che c’è, anche in noi, l’indifferenza verso i poveri. È la presenza di Gesù, del bambino di Betlemme che ci chiede di impegnarci per una vera conversione del nostro cuore e della nostra mente, passando dall’indifferenza alla compassione. Non possiamo assistere inerti alla sfiducia dei giovani verso quel futuro che li sta condizionando. Tanti vanno via, perché non trovano in questa nostra terra motivo per rimanere.
Quali auguri, allora, sono necessari e opportuni per questo Natale 2022? Quelli che ci spronano, con l’aiuto di Dio e con il contributo di ciascuno, a costruire la strada della fiducia, della convivenza, della pace, della giustizia. Che Gesù, Emmanuele Dio con noi, abiti le nostre case e riaccenda il fuoco dell’amore.
+ Roberto, Arcivescovo