Prosegue sul nostro sito il percorso di approfondimento liturgico fatto attraverso la lettura dei Gosos a cura di Giovanni Licheri e pubblicato sulle pagine de L’arborense. In fondo all’articolo, in allegato, tutte le pubblicazioni precedenti.
Religiosu e animosu, presoneri volontariu.
Il ricordo di Nostra Signora di Bonaria ci ha preparato a vivere il mese di maggio, in cui, nei templi e fra le pareti domestiche, più fervido e più affettuoso dal cuore dei cristiani sale a Maria l’omaggio della loro preghiera e della loro venerazione, come scrive San Paolo VI nell’enciclica Mense Maio (1965).
Oggi continuiamo nel segno mercedario, coi gosos A Nostra Signora de Sa Merzei. Nella torrada troviamo sintetizzato sia il ruolo di Maria come Madre della Verità che libera (A sa terra ses benìa po portai sa libertadi), sia il carisma dell’Ordine della Vergine Maria della Mercede della redenzione degli schiavi, di Santa Eulalia di Barcellona, nato affinchè i suoi membri lavorino di buon animo e di buona volontà e con ogni opera buona nel visitare e liberare i cristiani che sono schiavitù (Prologo delle Costituzioni del 1272).
L’Ordine viene fondato da San Pietro Nolasco, dopo la visione mariana della notte fra il 1 e il 2 agosto 1218: In visioni surprendenti Nolascu t’hat cuntemplau, e s’ordini dd’as donau chi fundessit prontamenti (strofa 1). Il testo ricorda anche i due co-fondatori dell’Ordine: Remundu de Pegnaforti, splendori de Barcellona, Giacu Rei de Aragona, de is Morus nemigu forti (strofa 2).
Il primo è il terzo generale dell’Ordine Domenicano e grande canonista, il secondo, Beato per la Chiesa Cattolica, impegnato a gettare le basi della Reconquista in terra iberica, e grande benefattore della Chiesa. Il compito de is Paras de sa Merzei era la liberazione de is iscraus in Turchia (strofa 4).
I gosos fanno riferimento alla triste pratica, diffusa nel Mediterrano tra Medio Evo ed Età moderna, del rapimento dei cristiani da parte dei pirati musulmani. I frati mercedari s’impegnavano a riscattare i prigionieri, dietro pagamento di un riscatto.
In mancanza o in attesa del denaro si offrivano al posto dei prigionieri stessi: Si si mancat su dinai, is Paras po votu fattu, in prenda de su riscattu deppint issus abbarrai, is iscraus po liberai de sa Turca tirannia (strofa 7).
L’autore ci ricorda quanto grande fosse lo zelo dei mercedari in quest’opera: Plus de unu religiosu in Maroccu e in Algeri voluntariu presoneri si trattenit animosu (strofa 8). Questa carità così forte, spesso, diventa martirio de is Paras riscattadoris (strofa 9). L’Ordine Mercedario era impegnato anche contro un’atteru tiranu ch’incadenat menti e coru, e fait gherra a su tesoru de sa vera Ortodossia (strofa 11).
A questo riguardo potremmo ricordare che l’Ordine rispose con grandi teologi come San Pietro Pascasio, compagno di San Bonaventura e San Tommaso, che espose bene la dottrina dell’Immacolata Concezione; Pietro della Serna (1580 – 1612) o Pietro de Ona (1560 – 1626), studiosi di mariologia e apostoli dell’Immacolata. Con loro chiediamo l’aiuto materno di Maria contro il male che ci colpisce in questi giorni: Maria de sa Merzei, a sa preghiera accurrei, o Mamma consoladora! De is malis consoladora (strofa 13).
A cura di Giovanni Licheri. Pubblicato su L’Arborense del 10 maggio 2020.
Precedenti pubblicazioni
- Primo approfondimento. Lassa, omine, su peccau
- Secondo approfondimento. Digiuno: battaglia intima.
- Terzo approfondimento. Maria isconsolada.
- Quarto approfondimento. Liberasì de custa pesta.
- Quinto approfondimento. In sa rughe pro nois.
- Sesto approfondimento. Portat oscuru velu
- Settimo approfondimento. Oe cun gala cust’intrada. Chenabara cun sa rughe a pala.
- Ottavo approfondimento. Si cantent innos de gloria.
- Nono approfondimento. Avvisa a frade meos.
- Decimo approfondimento. Madonna di Bonaria, un arca po fai dimora.